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"Sulla vergella dati inesatti": Trafilerie di San Giovanni a proposito del convegno lecchese sul filo

"Sulla vergella dati inesatti": Trafilerie di San Giovanni a proposito del convegno lecchese sul filo

A seguito del convegno “Vergella e filo: mercato e prospettive” che si è svolto a Lecco il 1° dicembre è apparso su La Provincia di Lecco un articolo firmato dal sig. Momo Frigerio delle Trafilerie di San Giovanni Spa, il quale ha ritenuto di dover fare alcune precisazioni e considerazioni.

Riportiamo in modo fedele:

"Purtroppo si è parlato per tre ore senza sviscerare concretamente il problema delle trafilerie locali e nazionali. Detto convegno è stato organizzato da Siderweb di Brescia e dal Caleotto con la regia di Andrea Beri della società ITA di Calolziocorte.

In sala c’erano tutti i produttori di vergella, nazionali e esteri, che operano nel nostro territorio, e la maggior parte dei trafilieri locali e non. Venendo al dunque mi permetto di puntualizzare quanto segue: non reputo esatti i dati forniti circa i risultati delle trafilerie. Prima cosa si deve considerare che ci sono diversi tipi di trafilerie. Produttori di fili a basso tenore di carbonio (lucidi, ricotti, zincati). Produttori di fili per viteria e bulloneria. Produttori di fili a alto tenore di carbonio (molle e funi). Produttori di fili in barre. Produttori per lavorazioni meccaniche ed altro.  Siderweb fornisce un dato del 19% circa sul valore aggiunto del settore trafilerie. Questo dato è medio, senza tener presente che il primo gruppo (basso tenore di carbonio) non raggiunge il 15%, riuscendo a mala pena a pareggiare il bilancio. Si è volutamente sorvolato sulla situazione precaria della siderurgia in Italia. A parte Taranto (coils), in Italia i produttori di vergella a basso tenore di carbonio sono rimasti in due: Alfa di Brescia e Pittini di Verona a Osoppo. Piombino (ex Lucchini) è fermo per mancanza di capitale per acquistare billette da trasformare nei tre laminatoi: vergella, tondi e rotaie. È risaputo che l'altoforno è fermo e non sarà più riavviato. La società del Caleotto si rifiuta di produrre vergella a basso carbonio, in quanto non remunerativa. La Ori Martin fa solo qualità. Attualmente per questi motivi i trafilieri locali e italiani si trovano in seria difficoltà a reperire vergella per le normali produzioni. Per motivi sempre di quotazione e contingenti, ultimamente, sono mancate una parte delle importazioni estere.

Per completare il discorso, diciamo di quanto sta avvenendo sul fronte dei prezzi dell’acciaio in genere. L’acciaio viene prodotto in due modi:

a) Da carbone a minerale. Non più in Italia.
b) Da rottame. Soltanto in Italia e in parte all'estero.

Attualmente nel mondo le quotazioni del minerale e del carbone per altoforno sono schizzate in alto in maniera assurda. Il rottame usato dalle acciaierie italiane sta aumentando di conseguenza, provocando degli aumenti sulla materia prima che avvengono mensilmente. Il settore delle trafilerie si trova a non sapere cosa fare con le proprie quotazioni e non può fare impegni a medio termine. Queste situazioni determinano il non poter chiudere i conti decentemente. Ovviamente gli investimenti ne risentono. In Italia ci sono circa 180 trafilerie nei vari settori. Soltanto alcune nel settore fili in rotoli sono di una certa consistenza, e tre di queste appartengono alle stesse acciaierie. Alfa con Tecnofil, Pittini con Siat e Pitarc, Alpine con Trafilerie Industriali. Queste trafilerie integrate sono in concorrenza con le altre libere che, cosa assurda, son obbligate ad acquistare la vergella dai propri concorrenti. Un relatore sosteneva che per sopravvivere bisogna fare innovazione. Mi permetto di dire, parlando di trafilerie, che si è già inventato quasi tutto, che le tecnologie più avanzate sono state create dai trafilieri lecchesi e, ne diamo vanto, che la maggior produttrice di macchine trafilatrici è la Mario Frigerio di Lecco".
 

Momo Frigerio, Trafilerie di San Giovanni Spa

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lunedì 5 dicembre 2016
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