Giuseppe e F.lli Bonaiti: trafilare in Lombardia ai tempi del COVID-19
Salute, economia, politica, lavoro: l’emergenza da COVID-19 ha colpito in diversa misura ogni aspetto della nostra vita. Al centro della polveriera mediatica la Lombardia, primo focolaio dell’epidemia e vero motore industriale della nostra nazione. Così, mentre si consuma l’acceso dibattito su temi caldi quali sanità, occupazione, ruolo delle istituzioni e prospettive future, le aziende procedono alla conta dei danni.
Ne abbiamo discusso con Mauro Cogliati, sales manager della Giuseppe e F.lli Bonaiti, storica realtà lecchese specializzata oggi nella produzione di filo e vergella in diverse tipologie di acciaio, per numerosi campi di applicazione.
Come avete vissuto il lockdown? Avete chiuso completamente l’azienda oppure siete riusciti a mantenere attivi alcuni reparti?
“Abbiamo dovuto arrestare la produzione a partire dal 19 marzo, come da decreto ministeriale. Ci siamo organizzati per poter proseguire le attività di amministrazione e commerciale in smart working. In seguito alle numerose richieste da parte di clienti appartenenti alle categorie essenziali, ci siamo attrezzati con tutte le misure del caso (DPI, sanificazioni frequenti dei locali, divieto di visite da parte di clienti e fornitori) per poter riaprire alcuni dei nostri reparti già a partire dal 20 aprile.”
Ritenete che la ripartenza sia avvenuta nei tempi corretti e che le misure adottate per contrastare l’epidemia siano adeguate?
“Il continuo decrescere dei contagi a seguito del lockdown è la prova che le misure di contenimento funzionano. A livello istituzionale, però, l’emergenza poteva essere gestita meglio. Probabilmente, i focolai della bergamasca e del bresciano avrebbero dovuto essere isolati prima, istituendo una vera e propria zona rossa sin da subito. Credo nessuno si aspettasse un’emergenza di tale portata, ma il possibile impatto del coronavirus è stato ampiamente sottovalutato. Anche dal punto di vista del sostegno alle aziende, si avverte uno scarto notevole tra parole e fatti. All’atto pratico ci saremmo aspettati degli incentivi o per lo meno dei prestiti a condizioni agevolate.”
Avete dovuto rivedere i vostri obiettivi e le vostre priorità nel breve/medio termine?
“Ad un’analisi più attenta, la pandemia non ha fatto altro che aggravare un quadro economico già non particolarmente favorevole. Al momento, il nostro obiettivo principale è tenere duro e continuare a lavorare; se questa situazione si protraesse ancora per parecchi mesi, tuttavia, saremo costretti a rivedere tutte le strutture aziendali, con potenziali problemi a livello di occupazione. Continuerà la richiesta di cassa integrazione? Ci saranno fondi per tutti? Per i dipendenti il fatto di essere tornati in azienda a lavorare è sicuramente positivo, però non potere fare previsioni neanche a breve termine (medio-lungo praticamente impossibile) sta creando preoccupazione. Penso che siamo tutti d’accordo nel dire che stiamo vivendo un momento di assoluta incertezza, con tante incognite per il futuro.”
Fiere ed eventi sono un’importante opportunità commerciale per le aziende: pensate che il virus ne influenzerà l’organizzazione e lo svolgimento?
“Senza dubbio le fiere sono una grande opportunità per poter esporre i propri prodotti e fare networking. Detto questo, riunire migliaia di persone provenienti da tutto il mondo in luoghi chiusi genera incognite sull’effettiva necessità degli eventi internazionali. Personalmente ritengo che al momento se ne possa fare a meno. Siamo nell’era digitale, dove tutto è a portata di un clic (Expometals docet), anche se viene in parte a mancare quell’aspetto umano tipico dei rapporti interpersonali.”
Molti sono d’accordo nell’affermare che la pandemia lascerà strascichi pesanti sull’economia nazionale e internazionale. Condividete queste preoccupazioni?
“Probabilmente nulla sarà come prima, dovremo comunque abituarci a cambiare le nostre abitudini anche nelle piccole cose quotidiane. Da quel che si sente, sembra che ci aspetti un lungo periodo di crisi, di gravità persino superiore al crollo finanziario del 2008. Anche all’estero, infatti, la situazione non sembra essere troppo diversa: alcuni dei nostri clienti europei hanno continuato a lavorare, mentre altri hanno dovuto chiudere i battenti per qualche settimana. Il futuro è incerto e le previsioni di consumi per i prossimi mesi altrettanto. Pertanto, gli ordini in essere rimangono purtroppo sospesi.
Non avere una terapia o un vaccino pronti per poter curare o immunizzarsi alla patologia contribuisce ad esacerbare il clima di incertezza e preoccupazione. Purtroppo, nell’attuale situazione non possiamo permetterci errori: se dovesse ripetersi ancora, se una nuova ondata di COVID-19 ci colpisse, cosa faremo? Un altro lockdown?”
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