L’acciaio fatto con la plastica. Progetti nel siderurgico
“Cambiamento climatico”, “inquinamento” e “riscaldamento globale” sono le buzzword - le parole più popolari - degli ultimi anni: sono tanti i tentativi e i progetti di ricerca per ridurre il problema delle emissioni climalteranti nel mondo.
A oggi, la produzione siderurgica è uno dei settori più impattanti dal punto di vista ambientale, poiché l’impiego di carbon-coke (componente fondamentale, appunto, per la produzione dell’acciaio) genera circa il 20% della CO2 presente nell’aria. Ridurre questa percentuale potrebbe quindi contribuire al raggiungimento del cosiddetto scenario “Net Zero Emissions” (NZE).
Per operare secondo i principi della cosiddetta economia circolare, le acciaierie possono ad esempio trasferire determinati tipi di sottoprodotti (come scorie nere, scorie bianche e polveri di acciaieria) in appositi stabilimenti dedicati al riutilizzo degli stessi. Una strada per contribuire alla riduzione delle emissioni di agenti nocivi nell’aria può passare anche dall’introduzione nel processo produttivo di componenti derivati da rifiuti esterni, dando nuova vita a tutte quelle plastiche miste che non possono essere riciclate tramite i circuiti tradizionali.
Sono numerose le aziende che hanno avviato grossi progetti di ricerca in questo ambito; se ne parla ormai da diverso tempo. Un caso recente è quello di Iren, con l’impianto I.Blu in Friuli Venezia Giulia per la produzione del polimero Bluair. Questo materiale brevettato deriva dal riciclo delle plastiche post-consumo e rappresenta un’occasione per il siderurgico, sia dal punto di vista ambientale che delle performance. L’impiego di Bluair come agente di riduzione nei processi redox in sostituzione del carbone consente infatti, stando alle dichiarazioni, di ridurre le emissioni di CO2 di oltre il 30%, migliorando al contempo i consumi elettrici e la qualità dell’intero processo.
È di pochi mesi fa l’accordo siglato tra Maire Tecnimont – attraverso la sua controllata NextChem – e Acciaierie d'Italia, il principale gruppo siderurgico italiano, per uno studio di fattibilità sull'impiego di syngas (gas circolare derivante dal carbonio e dall’idrogeno contenuti nei rifiuti plastici) nello stabilimento ex-Ilva di Taranto. Ottenuto grazie alla tecnologia di riciclo chimico di NextChem, questo particolare gas può essere utilizzato in sostituzione del polverino di carbone in altoforno o di gas naturale nella riduzione diretta, sia nei processi di produzione dell’acciaio che di raffinazione. L’impiego di syngas nel settore siderurgico potrebbe limitare l’impatto della produzione dell’acciaio sull’ambiente, riducendo così l’impronta ambientale dell’intero settore.
In Germania, la Hüttenwerke Krupp Mannesmann GmbH (proprietà thyssenkrupp, Salzgitter Mannesmann e Vallourec Tubes) ha scelto Paul Wurth S.A., società del gruppo SMS, per studiare la realizzazione di un impianto di generazione e iniezione di syngas negli altiforni di Duisburg. La produzione di syngas, basata in questo caso sulla tecnologia Ecoloop dell'omonima azienda tedesca, prevede l’utilizzo di circa 45.000 tonnellate l'anno di materiali plastici riciclati e trucioli di legno di scarto ad alto potere calorifico, che verranno consegnati e lavorati alla HKM permettendo la riduzione della quota di riducenti fossili.
Il caso più noto è forse quello dell’acciaieria Voestalpine di Linz in Austria, che gestisce “il più grande impianto al mondo dedicato all'iniezione di plastica negli altiforni”. È dal 2007 che ogni anno trovano impiego fino a 220.000 tonnellate di end-of-life plastics - dunque le plastiche giunte a fine vita - sotto forma di pellet, agglomerati o granulati come alternativa ai riducenti più convenzionali.
E a chi può storcere il naso all’idea che bruciare plastica sia una mossa eco-friendly, i fan di questa metodica rispondono che nella produzione di acciaio si raggiungono temperature più alte che nella maggior parte degli inceneritori tradizionali, con conseguenti minori emissioni di CO2, e con una reinfusione nel circolo produttivo di un prodotto che altrimenti verrebbe gettato via: meno del 50% dei rifiuti plastici viene attualmente riciclato.
Non è la soluzione? È UNA soluzione? Oltre all’impiego di materiali plastici, sono allo studio diverse tecnologie promettenti per ridurre l’impatto ambientale di uno dei settori più fiorenti dalla seconda rivoluzione industriale a oggi: le tecniche e tecnologie di CCUS (stoccaggio in falde sotterranee di CO2 derivante dall’uso di combustibile fossile), l’utilizzo dei processi di elettrolisi per generare l’energia elettrica necessaria agli stabilimenti; c’è poi il grosso capitolo idrogeno che, usato al posto del carbone come agente riducente, genera H2O (acqua) invece di CO2. Diversi progetti sono in sviluppo in questi ambiti: ci stanno lavorando Aço Verde do Brasil, ArcelorMittal, Tenova, e molti altri ancora; la World Steel Association ne cita alcuni su questa pagina, se volete approfondire il tema.
Foto di pasja1000 da Pixabay
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